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di Alberto Volponi

L’isolamento cui siamo stati costretti nelle varie fasi della pandemia ha prodotto diffusi danni alla salute di una larga parte della popolazione. Sono aumentati gli stati ansioso-depressivi con un'impennata di consumo dei relativi farmaci e implementazione dell'attività degli addetti alla filiera della psiche: psicologi, psicoanalisti, psicoterapeuti, psichiatri. Un fenomeno così diffuso e allarmante da spingere le forze politiche a un accordo per un bonus psicologico (uno più uno meno!) con uno stanziamento di 50 milioni, anche se, alla fine, della corrispondente posta nel bilancio 2022 non vi è traccia! Si sono registrati molti disturbi alimentari con il pendolo oscillante fra casi di bulimia e anoressia di vario grado, obesità, disturbi metabolici. Anche l'attività sessuale ha avuto un netto calo, tanto che una delle più grandi fabbriche di preservativi, la Karex, ha deciso di riconvertire parte della produzione in guanti di gomma. E pensare che una volta si rideva con l'esilarante commedia “No sex please, we're british” (niente sesso siamo inglesi), una commedia degli equivoci, delle allusioni, dei doppi sensi, come sarebbe piaciuto a un romano d'altri tempi, Plauto, che Garinei e Giovannini importarono da Londra e misero in scena, siamo nel 1972, nel glorioso Sistina con Johnny Dorelli e Bice Valori. A questa riduzione dell'attività sessuale è in parte addebitato anche il nuovo crollo della natalità, con qualche fondata preoccupazione per specialità mediche come l'ostetricia e la pediatria, mentre avanza la geriatria, specialità relativamente giovane che, come sappiamo, si interessa delle persone all'altro capo del percorso terreno, gli anziani. La curva delle nascite è da anni, soprattutto in Italia, in fase fortemente calante. La curva comincia a declinare negli anni ‘70. Il dato delle nascite dopo essersi attestato negli anni ‘50/60 sui novecentomila nati, con una punta di un milione sedicimila nel ‘64, scende, in maniera inarrestabile, fino ai nostri giorni: nel 2020 sono nati in Italia 404.000 bambini e nel 2021 il dato finale si attesta sui 390mila. Il fenomeno della denatalità non può essere attribuito esclusivamente a motivazioni sociologiche. Certamente le condizioni di lavoro delle donne, la insufficienza dei servizi sociali, la mancanza di politiche di sostegno alla natalità e più in generale alla famiglia hanno il loro peso ma crediamo che questi non siano i veri o almeno gli unici motivi. Se così fosse non troverebbe spiegazioni come il dato della diminuzione delle nascite è da tempo più marcato nelle aree del Paese dove maggiore è il benessere economico con una rete di servizi sociali sicuramente più efficiente. La stessa curva decrescente della natalità procede in senso inverso rispetto a quella crescente del benessere economico e sociale del nostro Paese. Crediamo di poter dire che, in gran parte, la motivazione del preoccupante fenomeno ha un carattere culturale, antropologico nella sua accezione più ampia, che vede il nostro essere assumere una dimensione sempre più marcatamente individualistica, alla ricerca della realizzazione della propria persona al di fuori dei modelli e delle forme tradizionali. Da qui la crisi dell'istituto del matrimonio, del superamento del rapporto di complementarietà fra l'uomo e la donna così come teorizzato da Gina Lombroso, medico, scrittrice, protagonista nel primo novecento del dibattito sulla condizione femminile, nel suo: “L'Anima delle donne”. La maternità che, afferma la Lombroso, figlia, fra l'altro, del famoso Cesare, è indotta da un istinto altruistico, sembra oggi, grazie anche alle soluzioni offerte dalla moderna genetica e dalle tecniche di procreazione, per cui, tutto ciò che è tecnicamente possibile diventa eticamente accettabile, l'appagamento di un personale desiderio. Stiamo in verità assistendo, e in qualche misura ne siamo attori, a una trasformazione del nostro essere che vira sempre più verso l'affermazione dell'”Io”, in una società dove il “noi” è sempre più residuale così da essere sempre meno disposti all'accoglienza sia di una nuova vita, sia verso l'anziano lasciato in compagnia della sua solitudine, nei confronti del soggetto fragile o di chi viene da lontano ed è diverso da noi solo nei caratteri somatici. Anche il netto calo delle adozioni, al di là delle difficoltà burocratiche che pur vi sono, è legato a questa nostra nuova dimensione esistenziale. L'istituto dell'adozione sopravvive a favore degli animali, in particolare i cani. Migliaia di cani hanno trovato un padrone, più spesso una padroncina. Durante il lockdown si sono svuotati i canili. Quello di Segrate, uno dei più grandi d'Italia, in un anno ha dato una casa a 329 cani, quasi una al giorno. Così, sempre per seguire il borsino delle professioni sanitarie, quella veterinaria si è rilanciata alla grande. Periodo aureo per i veterinari e i fabbricanti di croccantini, anche se, purtroppo, crediamo che non tarderà a venire, di nuovo, il tempo dei canili che torneranno a riempirsi passata la ventata cinofila. Ma il lockdown qualcosa di buono ci consegna: una riduzione delle patologie cardiovascolari. Non è poca cosa! Nel 2020 mancano all'appello 15mila infarti del miocardio. è l'Agenas, l'Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, a darci questo confortante dato e a dirci, anche, come la tendenza a una progressiva riduzione degli episodi infartuali, già evidenziata negli anni precedenti con una diminuzione annuale del 2%, frutto certamente di campagne contro il fumo, la sedentarietà, una migliore alimentazione, è scesa di colpo del 14%, un dato che ha altre ragioni. Ragioni strettamente collegate al Lockdown che ha favorito un miglioramento della qualità dell'aria grazie alla riduzione delle polveri sottili. Da tempo è scientificamente provato la correlazione fra le PM, particelle prodotte dalla combustione delle auto, industrie, riscaldamenti domestici, che attraverso l'aria che respiriamo giungono nei nostri polmoni e, superando la barriera alveolo-polmonare, vanno in circolo innescando processi infiammatori a carico dei vasi così da provocare alterazioni delle pareti arteriose con conseguenti infarti a valle dell'arteria interessata. L'inquinamento, quindi, come trigger (innesto) per l'infarto. La stretta correlazione inquinamento-infarto è confermata dal dato registrato in alcune aree del Paese, meno fortunate, dove l'inquinamento da polveri sottili non si è ridotto durante il lockdown - questo fenomeno meriterebbe un serio approfondimento sulle sue reali cause - anzi si è accentuato e, in maniera proporzionale ma coerente, vi sono stati un maggior numero di infarti, il tutto in controtendenza rispetto al dato nazionale. L'altro grande nemico del nostro cuore è lo stress che, attraverso la produzione di sostanze adrenergiche, determina una vasocostrizione, con conseguente innalzamento della pressione arteriosa, tachicardia, condizioni che finiscono con aumentare l'impegno del muscolo cardiaco e favorire un episodio infartuale. Studi più recenti evidenziano un ruolo dell'amigdala, l'area “emozionale” del cervello, che inciderebbe sulla produzione di cellule infiammatorie da parte del midollo osseo, con conseguenti formazioni di placche aterosclerotiche e trombi occludenti i vasi. Se la correlazione cuore-cervello è sempre più stretta, il lockdown ha ridotto le cause dello stress in particolare a quello legato ai ritmi di lavoro, agli spostamenti nel traffico, alle varie incombenze spesso accompagnate, nella fretta di assolverle, da ansia. Tutte condizioni che Arbore si è divertito a elencare nel suo brano “Ma la notte no!” colonna sonora dell'indimenticabile programma televisivo “Quelli della notte”. Per combattere, poi, “il logorio della vita moderna” una volta ci si affidava al consiglio di un impassibile Ernesto Calindri che, tranquillamente seduto in mezzo a un mare di automobili, invitava a bere un Cynar! Questa pandemia, che speriamo sia ormai ai titoli di coda di una rappresentazione altamente drammatica che nessuno potrà dimenticare, ci sta dando numerose  lezioni di cui dovremmo fare tesoro: l'importanza di un servizio sanitario pubblico ma anche i suoi deficit organizzativi e gestionali a cui mettere riparo; la necessità di una lotta seria all'inquinamento che ha dimostrato un forte legame con la diffusione del virus; l'adozione di nuovi stili di vita. Almeno  per questa ultima indicazione, che ha una valenza altamente soggettiva, dovremmo far nostro un vecchio proverbio, ancorché cinese: “Il segreto di vivere a lungo è mangiare la metà, camminare il doppio, ridere il triplo e amare senza misura”.