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di Rossella Gemma

L’Italia è uno dei paesi occidentali in cui diventare vecchi presenta gli scenari peggiori, soprattutto rispetto ai Paesi anglosassoni, dove i tassi di suicidio in età avanzata sono la metà di quelli che avvengono in Italia. Lo dimostrano i dati relativi alla solitudine e ai suicidi, che nel 38% dei casi riguardano persone con più di 65 anni, sebbene queste ultime siano poco più del 20% della popolazione.

Solitudine e suicidi negli anziani saranno tra i temi al centro del 24° Congresso dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, che si tiene a Firenze dall’11 al 13 aprile. Il  Congresso, intitolato “Integrazione e innovazione. Fondamenti del sapere psicogeriatrico” raccoglie oltre 500 specialisti e ben 145 relatori, affrontando temi di stringente attualità. L’avvento dell’Intelligenza Artificiale apporterà modificazioni nella cura degli anziani. La cura delle demenze sta offrendo scenari innovativi con il ruolo dei biomarcatori nell’approccio diagnostico. La recente approvazione della legge 33 sulla non-autosufficienza rappresenta un'altra opportunità di innovazione nell’assistenza, che si sposta dal sanitario al sociale aprendo nuove prospettive. Vi sono poi le novità farmacologiche riguardanti problematiche come il controllo di agitazione e delirium e quelle sui trapianti d’organo. Grande attenzione poi a fenomeni globali come i cambiamenti climatici, che hanno un notevole impatto proprio sulla salute dei più fragili, che possono subire maggiormente gli effetti della disidratazione, dei colpi di calore o semplicemente essere meno reattivi di fronte a calamità naturali per limiti sensoriali o per il basso livello di digitalizzazione, che in Italia nella popolazione anziana non raggiunge il 65% e talvolta implica solo la competenza di saper mandare una mail.

L’elevato tasso di suicidi tra gli anziani in Italia ha le sue ragioni nella solitudine in cui vengono ridotti gli anziani e nell’ageismo con cui vengono spesso discriminati, con diritti basilari che esistono solo sulla carta. Il tasso di solitudine è il doppio rispetto alla media dei Paesi europei, con coloro che non hanno nessuno a cui chiedere aiuto che sono il 14%, mentre coloro che non hanno nessuno a cui raccontare cose personali il 12%, a fronte di una media europea del 6,1% (dati Eurostat). La solitudine non è solo un problema sociale, ma anche clinico, essendo associata ad un aumento del rischio di depressione, disturbi del sonno, demenza e malattie cardiovascolari.

A mettere in stretta correlazione ageismo e solitudine sono diversi studi internazionali. Uno studio israeliano di giugno 2023 individua un legame tra il crescere dell’età e la maggiore solitudine, con l’associazione positiva tra i due fenomeni che diventa significativa nelle persone di età superiore ai 70 anni. Uno studio cileno dello stesso periodo mostra un’associazione diretta e indiretta dell'ageismo con gli esiti sulla salute mentale: l’ageismo è positivamente correlato alla solitudine e, di conseguenza, all’aumento dei sintomi depressivi e ansiosi. Analogamente, un documento di ottobre 2021 evidenzia due iniziative innovative dei Paesi Bassi, che dimostrano che i diritti degli anziani possono essere mantenuti in soluzioni abitative collettive.

Gli anziani spesso vengono estromessi da misure di salvaguardia sanitaria, come avvenuto durante la pandemia, quando i posti in terapia intensiva erano destinati ai più giovani – spiega il Prof. Diego De Leo, Presidente AIP –. Questa impostazione è stata introiettata dagli anziani stessi, convinti che non possano essere utili alla società né attivi: questo non è frutto di un impoverimento cognitivo, ma di un’impressione del loro patrimonio intellettuale come detta la società. Occorre pertanto ribaltare questo modello. Oltre all’ageismo, vi è una vera e propria epidemia di solitudine: i paesi occidentali contano il 30% degli anziani afflitti da solitudine cronica e il 10% da una solitudine molto severa, che porta alla depressione e poi in alcuni casi proprio al suicidio. L’altro Paese più vecchio al mondo insieme all’Italia, il Giappone, ha computato 45mila persone che ogni anno muoiono in completo isolamento, tanto che sono state create squadre di “death cleaners” che si occupano di bonificare i luoghi in cui sono avvenute queste morti in solitudine”.