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del Dott. Alberto Volponi

Proprio in questi giorni si festeggiano i cinquant'anni di una canzone che ha accompagnato la nostra gioventù (meglio non usare "giovinezza", con tutti i nostalgici in giro!): Azzurro. Doveva essere il retro del disco di un'altra bellissima canzone, "Una carezza in un pugno", ma si impose subito come la preferita. Fu un grande successo di Celentano, parole di Paolo Conte, che continuiamo a canticchiare, in particolare il ritornello del treno, quello "dei desideri nei miei pensieri all'incontrario va". Per una imperscrutabile associazione di idee, come spesso accade, questo ritornello ci porta all'immaginario treno del governo, quello giallo-verde, appena partito. Un treno assemblato un pò alla rinfusa, con un capotreno improvvisato così come molti capocarrozza, che tuttavia ci auguriamo, almeno, che non vada "all'incontrario". La carrozza della sanità è guidata da un medico, anatomopatologo, ascendente medico-legale. Questo, sotto il profilo delle competenze, dovrebbe tranquillizzarci ma a dire il vero i precedenti di medici ministri della Sanità, non sono così esaltanti. A parer nostro, l'ultimo grande Ministro è stato Donat-Cattin, politico puro, proveniente dalle file del sindacalismo operaio, digiuno di sanità, cui va ascritto il merito di  una profonda e innovativa revisione della legge 833 e lo stanziamento  di ben 30 mila miliardi di lire per l'edilizia ospedaliera, finanziaria 1989, con cui sono stati costruiti e ristrutturati decine di ospedali italiani. Non avendo preclusioni di sorta pensiamo che il neo-ministro, Grillo, possa far bene. Per ora sappiamo che c'è la ferma volontà di difendere il Servizio sanitario: benissimo! Difesa che ovviamente non può limitarsi a una enunciazione di principio anche se fondamentale per sgomberare il campo da possibili equivoci, in considerazione di certe idee che il patner di governo ha in questi anni propugnato e attuato nelle Regioni amministrate. Non possiamo nasconderci che sono necessarie risorse economiche cospicue per investimenti in personale altamente qualificato e professionalizzato, in tecnologia, in innovazione, e, non ultimo, in interventi di edilizia sanitaria. Il rischio di un sotto finanziamento è reale. L'OMS fissa al 6,5% del Pil la soglia minima; noi siamo al 6,6 con una tendenza a scendere nei prossimi anni; nel 2020 si ipotizza un 6,3. Nel frattempo sempre più ampie risorse trovano allocazione nella sanità privata grazie anche a una fiscalmente agevolata corsa ai fondi pensione: sono, per questo anno, 40 miliardi! Se non si inverte la rotta recuperando al pubblico, sul piano di una efficace concorrenza, parte di queste risorse inevitabilmente scivoliamo verso la privatizzazione generalizzata della sanità. A questo punto diventerebbe dolorosamente attuale il this is going to hurt, best seller di una giovane dottoressa inglese, che è la frase con cui il medico avvisa il paziente nell'atto di fargli una iniezione, "Questo le farà male". Ecco: il treno "all'incontrario " proprio no! Allora come possiamo difendere il Servizio Sanitario, riaffermare il principio dell'universalità delle prestazioni, di uguaglianza fra tutti i cittadini, principi già messi a dura prova dalla legislazione autonoma delle 20 Regioni, senza adeguati e indispensabili finanziamenti? Primo vero, grande, banco di prova per il Ministro ma su questo versante domina un preoccupante silenzio. Scorrendo le linee programmatiche per la sanità si parla di un maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia, un leit-motiv che ci accompagna da quasi mezzo secolo. Nel '74 l'allora Ministro Vittorino Colombo, milanese, nel presentare il disegno di legge sulla Istituzione del SSN, che vedrà la luce nel dicembre del '78, ministro Tina Anselmi di Castelfranco Veneto, affermava in Parlamento: "La domanda di prestazioni sanitarie è solo in parte determinata dall'assistito: in realtà essa viene interpretata ed espressa dal medico di primo intervento, l'attuale medico generico, dalla cui capacità e coscienza professionale e dalla integrazione con gli enti operativi e presidi sanitari, dipende in larga misura  il buon andamento anche economico dell'intero settore sanitario. Non si esagera affermando che il buon esito della riforma dipenderà soprattutto dall'organizzazione periferica dei servizi medici di base che si saprà porre in atto e della preparazione di cui si sapranno dotare i medici di primo intervento." L'indimenticabile Peppino De Filippo avrebbe chiosato: "Ho detto tutto!". Ma anche qui, un capitolo fondamentale dell'organizzazione sanitaria, al di là di un attestato di considerazione per la medicina di base e del territorio, non si va. Avrà, il neo-Ministro, la forza di affrontare il tema della pluralità dei rapporti di lavoro che i medici hanno con il Servizio Sanitario? Si può riprendere, in un ampio e sereno confronto con il mondo medico, in tutte le sue componenti, il discorso di come modulare un possibile, e a questo punto non più procrastinabile, rapporto unico, per favorire una vera integrazione fra le varie aree, oggi autentiche monadi? Anche l'espressa volontà di tagliare il malefico rapporto fra politici e nomine nella Asl è fin troppo impalpabile. Non si può pensare di risolverlo con l'elenco nazionale dei Direttori Generali, già previsto nel decreto 502, rifiutato dalle Regioni, abolito dal 229, Ministro Bindi, e ora riproposto con il Decreto legislativo 171/ 2016, e già operativo. Nel programma di governo si annuncia, inoltre, la tradizionale incursione nel settore farmaceutico e la promessa di una revisione della normativa sui vaccini la cui obbligatorietà è stata salutata unanimamente come vitale da tutto il mondo scientifico italiano. Si sa, però, che in Italia le parole di tale mondo, gravato dal peso di essere "accademico", sono spesso ignorate tanto che abbiamo avuto Ministri che sponsorizzavano la cura Di Bella, in nome di una libertà di cura senza confini, no limits, da"sovranismo individuale". In verità per la Sanità, come per tutti gli altri vagoni, sarebbe necessaria una profonda ristrutturazione; non qualche tocco di maquillage, qualche lifting più o meno riuscito. La casa Italia ha bisogno, dopo oltre settanta anni, di interventi strutturali, solo tentati, invano, negli ultimi anni. E in questo contesto affrontare nodi quali i rapporti istituzionali e le relative competenze fra lo Stato e le Regioni in materia di sanità. Senza questa operazione ogni finanziamento, anche cospicuo, rischia di essere vanificato. Sarà difficile riempire la botte se non si tappano i buchi, non riusciremo mai ad averla piena ma la moglie ubriaca sì, ovvero il sistema fuori controllo. L'invito è a non perderci nel particolare, a non soffermarci oltre misura sull'immediato, contingente, e a non pensare di risolvere problemi complessi imboccando innaturali scorciatoie. Dobbiamo alzare lo sguardo, avere una visione ampia, progettuale, strategica. Quest'ultima è stata e rimane una prerogativa fondamentale  su cui si misurano le qualità del politico e dello statista. Per ora le intenzioni programmatiche del Governo  e il dibattito che le accompagna non ci fanno intravvedere sguardi proiettati ad ammirare la "luna" ma solo fissi sul "dito" che inutilmente la indica.

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